Vienna sotto attacco

Terrore per le strade viennesi. Un attacco terroristico di matrice islamica è stato sferrato alle 20:00 di ieri in pieno centro storico. Un commando forse composto da 4 terroristi ha esploso colpi di arma da fuoco sui passanti nel primo distretto. La zona colpita è quella attorno a Schwedenplatz, un’area centralissima, piena di ristoranti, bar e locali, che la sera si riempie soprattutto di giovani, animando la vita notturna della capitale austriaca. Nei pressi vi è anche lo Stadttempel, la più grande sinagoga di Vienna, situata a pochi passi di distanza, a Seitenstettengasse, che non sembrerebbe essere stata l’obiettivo dei terroristi. Gli attentatori hanno agito in modo pianificato e coordinato, in sei diversi punti. Per ora 4 i morti confermati dalla polizia austriaca, due donne e due uomini, due deceduti sul colpo e altri due nel corso della notte in seguito alle ferite riportate. 22 i feriti, di cui 7 in gravi condizioni. Secondo la ricostruzione del Capo della Polizia, Gerhard Pürstl, anche un poliziotto è stato ferito.

Nove minuti dopo il feroce attacco, alle 20:09, uno dei componenti del commando è stato ucciso dalle forze dell’ordine. Si tratterebbe di un ventenne con doppia nazionalità austriaca e nord macedone. Dalle perquisizioni effettuate nell’abitazione del terrorista risulterebbe essere un simpatizzante dell’ISIS. Nell’appartamento sono stati ritrovati armi ed esplosivo, oltre a materiale che lo lega ad ambienti dell’estremismo islamico. Le indagini proseguono a tutto campo con perquisizioni e controlli a tappeto. Vienna per molti anni è stata ritenuta una città sicura. All’improvviso questa idea di sicurezza sembra essersi incrinata. In passato l’Austria e la sua capitale sono state punti di passaggio per terroristi che poi entravano in azione in altre città europee. Vienna è stata spesso utilizzata come base logistica e come centro per il reperimento di fondi da parte dell’ISIS e di altri movimenti islamisti radicali. Questo sanguinoso attacco sembra aver provocato una brusca e inattesa inversione di tendenza. Adesso la capitale austriaca combatte contro la paura del coronavirus, con un’impennata di contagi che non sembra arrestarsi, e contro una scia di violenza e sangue che ha fatto precipitare nel terrore la popolazione. Vediamo insieme le fasi dell’attentato e l’azione delle forze dell’ordine.  Continua a leggere



ISIS, le chat del terrore

L’attentato a Manchester porta la firma dell’ISIS. È l’ennesimo, sanguinoso attacco al cuore dell’Europa. Il ruolo giocato dai social media nel diffondersi della propaganda dell’ISIS è indubbio. La presenza di miliziani del Califfato islamico su internet è attivissima. Attraverso le piattaforme social vengono raggiunti nuovi adepti e si reclutano i kamikaze di domani, gli assassini per mano dei quali, in futuro, si continuerà a seminare morte in Europa e nel resto del mondo. Il proselitismo via social network sembra inarrestabile e acquistano sempre più importanza le chat. Twitter e Telegram sì, WhatsApp no. Da Twitter, che è pubblico, l’ecosistema jihadista si è spostato sulle applicazioni di messaggistica istantanea e tra queste a WhatsApp viene preferito Telegram, per le sue caratteristiche di sicurezza e tutela della privacy degli utenti.

Accanto a questi canali comunicativi anche i media tradizionali hanno un ruolo nell’espandersi a macchia d’olio dell’ideologia jihadista. Nico Prucha, ricercatore esperto di jihadismo dell’Istituto di Studi Orientali dell’Università di Vienna, monitora da anni la galassia di miliziani del terrore operativa su Twitter, Facebook e Telegram. Proprio la chat di Telegram è uno strumento fondamentale per la propaganda dell’ISIS: “Per sua natura Telegram è una piattaforma dove le organizzazioni estremiste entrano in contatto con nuovi sostenitori e un canale attraverso il quale è possibile veicolare contenuti multimediali” dice Nico Prucha, in una intervista rilasciata al Kurier.

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L’avanzata di Telegram rispetto ad altri social network è dovuta al fatto che, soprattutto Twitter, ha iniziato dal 2016 a filtrare i propri contenuti, bloccando o cancellando quegli account legati all’ISIS. “L’ecosistema jihadista ha abbandonato Twitter per riversarsi in massa su Telegram -racconta Prucha- piattaforma sulla quale già viaggiava la comunicazione di membri di rilievo del mondo jihadista. Anche se fare proselitismo su gruppi segreti all’interno di Telegram non ha la stessa efficacia di campagne di propaganda fatte via Twitter”. I controlli sui contenuti operati da Twitter nel corso dell’ultimo anno e mezzo ha costretto l’ISIS a riprogrammare e rivedere la propria strategia comunicativa, e tornare così ad essere efficaci e pienamente attivi anche su Twitter, Instagram e Facebook, malgrado esista il rischio più che concreto che gli account possano essere bloccati. “Proprio perché l’ISIS è un gruppo molto pragmatico, ha modificato lo scambio di contenuti, che sempre più avviene attraverso un’operazione di copia e incolla fatta da singoli supporter -spiega Prucha- Così se un singolo account viene bloccato, ve ne sono sempre di nuovi che operano e diffondono contenuti, indisturbati, sfuggendo alle maglie dei controlli”.  Continua a leggere