Inventare il futuro a Dubai

Il Future Innovation Summit trasforma Dubai nel centro del dibattito internazionale sull’innovazione, creando connessioni, idee, cooperazione. Nella due giorni fondata da Adnan Al Noorani, Presidente del board di D1 Technology e Leo Investments, alcune delle menti più illuminate e degli imprenditori più visionari del mondo si sono dati appuntamento per discutere delle grandi sfide che il mondo contemporaneo si trova ad affrontare.

Metaverso, declinato nelle sue varie implicazioni dall’emancipazione femminile all’intrattenimento, dall’economia digitale al gaming, Smart cities, Esports, Frequenze nello spazio, Leggi e regolamentazione, sono i vari temi analizzati attraverso incontri e dibattiti tra le personalità più brillanti e carismatiche a livello mondiale. “Non uso mai formule quali B2B, B2C, ma al contrario H2H, ossia da essere umano ad essere umano, perché dobbiamo essere tutti connessi per rendere il mondo un posto migliore -mi dice Al Noorani- Credo nell’importanza dell’istruzione, nella formazione delle nuove generazioni”.

Sul ruolo fondamentale della tecnologia Al Noorani aggiunge: “La tecnologia è altrettanto decisiva e ritengo che debba servire all’umanità, portare valore aggiunto e beneficio agli esseri umani”. La scienza, le biotecnologie, la ricerca farmacologica, sono un altro pilastro su cui fondare la società del futuro. “Investire nella scienza e nelle sue applicazioni al settore sanitario può essere decisivo anche per vincere le sfide contemporanee come ad esempio la lotta ai cambiamenti climatici”. Tra gli ospiti illustri presenti anche Kwasi Fraser, Sindaco di Purcellville, Virginia che, nel panel moderato da Adam Roosevelt, commentatore tv e CEO di A.R. International Consulting, ha messo in luce l’importanza delle tecnologie in un approccio lungimirante della politica nella gestione della cosa pubblica. “La visione precede il provvedimento e avere una visione il più possibile chiara è fondamentale per realizzare un piano -dice il Sindaco Fraser- Altrettanto determinante è abbracciare i cambiamenti e le possibilità che l’innovazione può aprire”. Scopriamo di più sul summit e su cosa ci si deve aspettare per il futuro in materia di blockchain, metaverso, sostenibilità. 

Emirati e Israele, la cooperazione nasce dall’innovazione

Trovare soluzioni, creare sinergie, dare vita a business sostenibili e innovativi che abbiano un impatto e migliorino la vita di tutti i giorni. In quest’ottica di cooperazione e alla luce degli Abraham Accord siglati due anni fa, acquista ancor più significato la presenza di Israele al summit. Chiedo al Aviad Tamir, Capo della Missione Economica e Commerciale di Israele negli Emirati, come stiano andando le relazioni tra i due Paesi e quanti siano finora partnership e scambi realizzati. “Sono trascorsi due anni e abbiamo iniziato da zero. È tutto nuovo, nell’ultimo anno ci sono stati tanti incontri e gli israeliani stanno imparando molto della cultura emiratina, dei suoi ritmi e della loro visione. La leadership non guarda solo all’economia del Paese ma a quella dell’intera regione -mi racconta Tamir- Sono state strette molte partnership, abbiamo siglato un numero enorme di Memorandum of Understanding tra i due Paesi, abbiamo aperto l’Ambasciata, il Consolato, portato qui decine e decine di delegazioni e anche altrettante dagli Emirati in Israele, perché per poter fare business occorre incontrarsi”.

Svariate decine di aziende israeliane operano già negli Emirati, alcune con partner locali e altre in maniera autonoma. “In termini di scambi commerciali tra i due Paesi nel 2021 abbiamo avuto 1 miliardo e 200milioni di dollari -prosegue Tamir- Se guardiamo al 2022, e consideriamo anche i servizi, siamo vicini a 3 miliardi di dollari che è più del doppio rispetto all’anno scorso, e mette in evidenza un trend di crescita notevole”. Proprio riguardo alle tecnologie si aprono le prospettive più promettenti. “Penso che vi siano molte sinergie tra Emirati e Israele, perché ci si concentra da un lato sull’impatto delle tecnologie, dall’istruzione alla sicurezza di acqua e cibo, fino alla sanità, e dall’atro sull’economia digitale, fronte su cui gli Emirati stanno facendo molto, sia a Dubai sia ad Abu Dhabi, con la creazione di servizi tecnologici. Crescendo l’infrastruttura si ha sempre più bisogno di proteggerla e la sicurezza è un campo in cui le aziende israeliane eccellono, infatti moltissime stanno già lavorando sul territorio emiratino. I potenziali nella cybersecurity sono notevoli come lo sono nel settore delle FinTech, passando dall’e-commerce alla blockchain”. 

Emirati crocevia tra Occidente e Oriente

La valenza strategica degli Emirati Arabi Uniti sta anche nella sua posizione geografica. “Ciò che trovo incredibile sono le infinite possibilità di collaborazione che si aprono. Da qui ci si può aprire all’India, anche grazie alla forte presenza di indiani negli Emirati -mi spiega Aviad Tamir– È un Paese che è geograficamente nella posizione perfetta per rafforzare rapporti commerciali aprendosi a mercati come appunto quello indiano. Da qui siamo a tre ore di volo dall’India e a tre ore di volo da Israele”. Ma gli sviluppi sul piano della cooperazione possono essere davvero immensi, tanto da coinvolgere in questo senso anche l’Italia. “Vediamo possibilità notevoli aprirsi anche con l’Italia e altri Paesi. Noi siamo nuovi in questa regione e ci vuole tempo per costruire un’eredità e consolidare una reputazione tali da poter partecipare ai grandi bandi e progetti governativi -puntualizza Tamir- Vi sono oltre duecento aziende italiane negli Emirati, che conoscono molto bene l’ecosistema, conoscono i bandi e il loro funzionamento e quindi vedo enorme potenziale per collaborazioni anche con l’Italia sul territorio emiratino. Inoltre vedo possibilità per combinare la nostra capacità in componenti quali AI e cybersecurity e la straordinaria competenza italiana nel design, nel settore manifatturiero e nell’innovazione”. Per il Capo della Missione Economica e Commerciale di Israele negli Emirati le collaborazioni con l’Italia fanno ben sperare per il futuro. “Vi sono davvero premesse rosee per il futuro anche tra i nostri due Paesi, tanto che stiamo lavorando anche molto con la diplomazia italiana in tal senso” conclude Tamir. 

Blockchain, la tecnologia che può cambiare il mondo in meglio

La tecnologia blockchain può cambiare il mondo in meglio. A raccontarmelo è Yip, Co-Fondatrice di Unit Network. A suo parere la prossima generazione di internet, il Web 3, sarà gestita da organizzazioni decentralizzate e l’impatto più significativo sarà che ognuno potrà partecipare e diventare stakeholder. Quando l’infrastruttura di comunicazione diventerà efficiente in termini di costi ci si potrà scambiare ricchezza con chiunque quasi a costo zero e tutti potranno investire in qualsiasi progetto, proprio come oggi ci si scambia foto con gli amici a costo quasi nullo. Anche sotto il profilo dell’uguaglianza di genere, l’SDG numero 5, la blockchain può consentire di raggiungere la parità di genere nella società e nell’economia. “La blockchain è un’industria che esiste solo da 10 anni e se si entra adesso al livello di creazione di valore, chiunque lo faccia crescerà molto in fretta -mi spiega Yip- Quindi per le donne che decidano di entrarvi adesso vi saranno risultati tangibili già nel 2030, quando ci aspettiamo che venga raggiunto l’apice del Web 3. E allora non avremo più il problema della parità di genere perché questa tecnologia è stata creata da tutti noi e chiunque vi entri adesso ha soltanto 10 anni di industria da recuperare”. Vi sarà accesso ad un sistema di finanziamento globalizzato e questo per Yip è il potere del Web 3. “Se un’idea è vincente i profitti saranno distribuiti tra tutti coloro che vi hanno partecipato -continua Yip- Chiunque può diventare imprenditore e partecipare a un progetto senza alcuna discriminazione. Unica condizione: avere accesso a internet”.

Blockchain e mondo del lavoro 

La blockchain può aiutare anche a raggiungere l’SDG numero 8, promuovere una crescita economica duratura, inclusiva, sostenibile, piena e produttiva occupazione e lavoro dignitoso per tutti. “Consideriamo anche il valore che può derivare dalla blockchain nel mercato del lavoro a livello globale -mi dice Yip- Il mondo del lavoro sta molto cambiando. Si è sempre più globalizzati grazie al lavoro da remoto. Con la blockchain si può creare lavoro per un progetto decentralizzando le strutture delle organizzazioni”. Ma non è tutto, perché “Si potrà essere pagati immediatamente in token che rappresentano share, ossia una partecipazione in quel determinato progetto -mette in evidenza Yip- Quindi i lavoratori che hanno contribuito alla creazione e realizzazione di un progetto non solo sono ricompensati per quanto fatto, ma essendo anche azionisti traggono ulteriore vantaggio dal successo dell’iniziativa. Un po’ come un autista di Uber. In pratica non si è più unicamente impiegati salariati”. Per Yip la blockchain e la token economy rappresentano una corsia veloce verso l’equità, da raggiungere attraverso l’istruzione. Perché è possibile cambiare la vita del singolo che decida di investire alcuni mesi studiando qualcosa che poi cambierà anche la vita quotidiana del mondo intero. Infine chiedo a Yip come riesca oggi la blockchain ad essere sostenibile. “L’accusa del consumo energetico oggi non ha più alcun fondamento, è un discorso ancora legato alla vecchia tecnologia blockchain che per essere costruita in modo sicuro utilizzava il concetto di mining, ‘proof of work’ -sottolinea Yip- Ma la seconda generazione di blockchain opera con il 99% in meno di energia in termini di modalità di sicurezza, che viene chiamata ‘proof of stake’. Così attualmente tutte le principali blockchain sono migrate a questo nuovo modello, consumando lo 0,5% di quel che consumavano prima. Un po’ come comparare automobili degli anni sessanta con le auto elettroniche di oggi”.

Le tante trasformazioni guidate dalle tecnologie

Attraverso le nuove tecnologie sta emergendo una classe imprenditoriale con tante donne protagoniste. Uno su tutti l’esempio delle imprenditrici della European Women Association (EWA) che hanno contribuito ad animare il dibattito del summit. Alla guida del gruppo la Fondatrice e Presidente, Yulia Stark, imprenditrice seriale e una delle 50 donne ispiratrici internazionali a cui guardare nel 2022.

Le storie di imprenditoria che coinvolgono le donne di EWA sono la prova che l’innovazione apre le porte allo spirito d’iniziativa e alla creatività femminile dimostrandone talento, efficienza e successo. Tra i tanti aspetti analizzati nel corso dei due giorni anche il futuro dei family office. “In termini di contributo economico i family office continueranno ad avere un ruolo importante a livello globale, ma forse attraverso diversi format -mi dice il Dr. Adil Al Zarooni, leader di team imprenditoriali e CEO di Al Zarooni Emirates Investments– Quindi il classico approccio con cui sono governati e il modo in cui i loro modelli di business funzionano sta cambiando, spostandosi verso nuove direzioni, adatte ai tempi così pieni di sfide che stiamo vivendo”.

Quello che non tutti sanno è che spesso sono proprio i family office a finanziare soluzioni o imprese innovative. “In ogni caso stanno guidando anche l’innovazione, infatti molto del denaro che c’è dietro a imprenditori e start up proviene proprio da family office -conclude Al Zarooni- Quindi vedo in modo estremamente positivo il contributo che possono dare all’economia e all’imprenditorialità, soprattutto in questo importante ruolo di guida al cambiamento che hanno attualmente e che continueranno ad avere anche in futuro”.

Sostenibilità e Web 3 

Il Web 3, con tutti i suoi elementi, si appresta ad essere una sorta di scatola contenente strumenti da poter adoperare. “Avremo un super internet. Al momento abbiamo il Web 2 e possiamo essere connessi online, chiacchierare con chiunque e tutto questo è bellissimo -mi dice Lauren Haworth, Direttore Marketing Ecowatt– Ma con gli strumenti del Web 3, come la Realtà Aumentata, il metaverso, vivremo un’esperienza più bella, decisamente più ricca. Le cryptocurrency hanno prevalentemente avuto una brutta reputazione e penso che sia stato legato alla loro fase iniziale. Per me il vero potere sta nella tecnologia blockchain e tutto quello che ci potrà permettere di fare. La blockchain darà la vera accessibilità, soprattutto a quelle persone che sono attualmente escluse dall’economia digitale, ai margini dei principali mercati, che si trovano in economie emergenti e non hanno conti bancari”. Ma in cosa la blockchain può realmente essere d’aiuto per scardinare quelle difficoltà che rendono oggi inaccessibili ad esempio gli investimenti? “La blockchain può aggirare tutto questo, non perché vada contro i regolamenti, ma perché riesce a rendere le cose più semplici rispetto a come sono adesso. Soprattutto sul fronte della sostenibilità l’uso della blockchain permette il frazionamento degli investimenti. Così invece di avere una sola azienda che acquista una partecipazione possono esservi tanti individui che contribuiscono con piccoli pezzi all’interno di quella stessa partecipazione. Questo consente una maggiore accessibilità alle opportunità di investimento, consentendo di andare al di là delle grandi istituzioni”. Ecowatt, ad esempio, è una piattaforma di investimento green che accelera l’azione contro i cambiamenti climatici attraverso investimenti democratizzati a sostegno di soluzioni energetiche sostenibili e contro la deforestazione. “Attraverso green bond e tokenizzazione di crediti di carbonio finanziamo lo sviluppo e la costruzione di soluzioni energetiche sostenibili come solare, eolico, idroelettrico -conclude Haworth- Finanziamo anche progetti di riforestazione in giro per il mondo e altri che contribuiscono all’acquisto di crediti carbonio. Cerchiamo sempre nuovi progetti da finanziare che rispondano a determinati criteri e terra e opportunità per costruire centrali elettriche sostenibili”.

Dal metaverso alla biocouture

Al di là del green washing che pure rappresenta un primo passo nella giusta direzione, secondo Haworth sono tante le aziende, piccole e grandi, che in modo autentico hanno a cuore l’ambiente e desiderano impegnarsi concretamente, soprattutto alcuni marchi sportivi che intendono davvero essere il più possibile sostenibili. La moda, però, non è certo sostenibile, anzi è responsabile del 10% delle emissioni di CO2 nel nostro pianeta. Ad inquinare non è solo la fast fashion, sempre sul banco degli imputati, che a suo modo ha il merito di aver consentito a chi non è affluente di potersi vestire bene senza spendere un capitale. È tutta la moda, haute couture compresa, ad avere un devastante impatto sul pianeta. “Ho iniziato come stilista di un mio marchio di lusso tredici anni fa. Appena il Web 3 e la blockchain sono emersi ho capito che aveva senso utilizzarli -mi racconta Sophie Robson, Imprenditrice greentech- Ci si concentra sempre sul metaverso e per i grandi marchi di moda è una maniera per sbizzarrire la loro creatività, senza però neppure minimamente affrontare il tema della sostenibilità che sta proprio nella realizzazione fisica dei capi ed è ciò che determina emissioni e inquinamento”. Le tecnologie e la scienza oggi possono venire in aiuto e darci prodotti e fibre realmente sostenibili. “La biofabbricazione, anche detta biocouture, è un qualcosa a cui alcuni grandi brand stanno iniziando a guardare, come ad esempio Stella McCartney che ha creato assieme a Bolt Threads una sorta di pelle che deriva da radici di funghi, con cui realizza borse -puntualizza Robson- È un bel modo per guardare al futuro perché la natura può supportarci e se lavoriamo assieme ad esse è possibile essere sostenibili”. Il futuro è rappresentato da nuove fibre sostenibili che vengono realizzate attraverso frutta o piante, servendosi ad esempio di buccia e scarti di banane, mele, arance. “Più investiamo in manifatture realizzate con biofabbricazione più investiamo e sosteniamo la terra e le persone che vi lavorano e abitano -continua Robson- La buccia degli acini d’uva è straordinaria nella realizzazione di fibre, ma anche l’ananas e persino i cactus, e sono anche piuttosto abbordabili in termini di costi. Inoltre se aumenteranno i volumi di queste fibre realizzate in maniera alternativa sarà possibile soppiantare completamente i materiali tradizionali per la realizzazione dei quali vengono sprecati migliaia e migliaia di litri d’acqua. Abbiamo le tecnologie e la scienza, abbiamo il mondo fisico su cui creare impatto, ora servono gli strumenti. Io mi sto concentrando sulla costruzione di questi strumenti”.

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