L’Arab Fashion Week 2022 accende i riflettori sulle donne arabe e su Dubai, città che offre un ecosistema creativo a molti brand locali. Nella sei giorni di sfilate si sono alternati 35 stilisti da 23 Paesi, che comprendono un’area geografica immensa: Medio Oriente, Nord Africa, Europa, Americhe, Asia. Vi hanno preso parte fashion designer provenienti da Messico, Nicaragua, Thailandia, Malesia e Ucraina, per la prima volta nonostante la guerra. Molte le case di moda degli Emirati Arabi Uniti, ma hanno sfilato anche brand di Arabia Saudita, Libano, Giordania, Palestina, Iraq, Iran, Libia, Turchia, India, Indonesia, Vietnam, Francia, Regno Unito, Filippine, Polonia, Romania, Paraguay e Belorussia.
Un ritorno al D3, il Distretto del Design, per un evento organizzato in partnership con l’Arab Fashion Council. In passerella hanno sfilato le collezioni Couture autunno/inverno 22-23 e Ready-to-Wear primavera/estate 23. Al di là dell’artigianalità, creatività, originalità, c’è stata molta attenzione anche alla sostenibilità. È stata la prima volta di un brand siriano e la prima volta di un evento speciale realizzato in collaborazione con Barbie che ha visto il coinvolgimento dello stilista libanese Jean-Louis Sabaji con l’iconica bambola della Mattel, come già accaduto a Balmain e Moschino. Sfilate gremite di pubblico e lunghe code per riuscire ad assistere allo show conclusivo del marchio emiratinoi The Giving Movement al quale si poteva accedere solo tramite invito.
Tra gli eventi satellite anche #SheCreates in collaborazione con META. Ho intervistato una giovane stilista di origini saudite che ha creato un brand, Death by Dolls, che dall’anno del suo debutto, nel 2017, ha conquistato molte star internazionali. Altro incontro che accende una luce sulle donne arabe e il mondo della moda anche quello con la prima modella curvy del Medio Oriente e Nord Africa, la tunisina Ameni Esseibi. Scopriamo di più sull’Arab Fashion Week e sulle due interviste esclusive a Sara e Ameni.
La moda è arte e l’ispirazione è ovunque
Sono rimasta molto colpita dalla sfilata di Death by Dolls. Abiti appariscenti, sexy, colori sgargianti, tagli originali, con uso di trasparenze e scollature sensuali, gonne super mini, denim consumato, nappa, molto glitter. La collezione di Sara Al-Saud è creata per donne decise, emancipate, che vogliono mostrare tutta la loro personalità. Per questo ho voluto incontrala e intervistarla. Di origini saudite, nata e cresciuta a Londra, studi a Los Angeles, Sara ha fondato il brand assieme alla sorella, pensando ad un nome che potesse dare l’idea di donne emancipate.
Mi racconta da dove tragga ispirazione per le sue creazioni: “Per me gli spunti d’ispirazione sono ovunque, in qualsiasi direzione io guardi o in qualunque luogo io vada, ogni piccolo dettaglio che scopro, anche semplicemente girando per strada, oppure stando sola a casa, l’ispirazione può arrivare da qualsiasi parte”. La tua collezione è eccentrica, eccessiva, piena di colore, incredibilmente sexy, a volte si hanno idee preconcette che ci portano a pensare che una giovane stilista di origini saudite non possa realizzare simili creazioni, provocanti e audaci. Il tuo stile no ha alcun legame con le tue radici saudite. “Non credo che l’arte e la moda debbano essere necessariamente legate a una determinata cultura -prosegue Sara- Credo che invece debbano essere un campo in cui tu possa sentirti libero di creare tutto ciò che ti viene in mente. E questo è il modo in cui opero. Non sono legata alla mia cultura, alla terra da cui provengo, ma c’è piuttosto un nesso con le emozioni, con i miei sentimenti, e con l’arte che voglio presentare al mondo, e quello che alla fine mi ispira”. E comunque tu sei inglese alla fine. “Sì, esatto” mi dice e poi ridiamo insieme. Con l’arricchimento della componente saudita, aggiungo. “Sì, hai ragione, è proprio così” mi dice Sara.
Perché Death by Dolls piace tanto alle star
JLo, Beyoncé, Nicki Minaj, Britney Spears, Kylie Jenner, Rita Ora, sono solo alcune delle celeb che sono state fotografate indossando abiti firmati da Sara Al-Saud. So che i tuoi capi sono molto amati dalle star di Hollywood. Come te lo spieghi? Come hanno fatto a notarti? “Sono fortunata abbastanza da poter trascorrere la maggior parte del mio tempo a Los Angeles e se crei pezzi diversi, particolari, succede di essere notati -mi raconta Sara- Le star cercano sempre capi non visti e originali, capita che chi cura i loro look o le stesse star cerchino novità in modo costante durante l’anno, anche attraverso Instagram. Così accade che vengano a contatto con le mie creazioni. Mi sforzo sempre di essere diversa, di produrre vestiti che escano fuori dal coro, che abbiano una personalità e uno stile riconoscibile”.
Credi che vi siano pregiudizi sul mondo arabo e sulle donne, sulla loro condizione, su come vivano e sui loro diritti? Cosa pensi di questo? Ritieni che gli occidentali abbiano convinzioni errate? “Penso che i pregiudizi vi siano nei confronti di qualsiasi cultura altra, non solo nei confronti di quella araba contro quella europea. Se non fai parte della cultura e non capisci dove provengano certe tradizioni e valori diventa difficile riuscire a creare connessioni -puntualizza Sara- Per me è più una questione artistica, la moda per me è una forma d’arte. È una mia grande passione fin da quando ero bambina. È qualcosa che mi piace fare e vorrei che il mondo apprezzasse ciò che faccio, si divertisse indossando i miei capi e questo mi rende estremamente felice”.
La fisicità nel mondo arabo
Ameni Esseibi, 22 anni, nata a Tunisi, 185mila follower su Instagram, è ambasciatrice dell’Arab Fashion Council. Lei ama definirsi la prima modella curvy del mondo arabo, e il modo in cui calca la passerella è un trionfo dell’accettazione di sé, della bellezza senza canoni imposti, dell’inclusività. Ti ho vista sfilare, sei stata fantastica. Ci sono state bellissime sfilate, molti brand degli Emirati. Com’è stata questa Arab Fashion Week per te, visto che sei anche ambasciatrice dell’Arab Fashion Council?
“È stato incredibilmente emozionante, anche perché come ambasciatrice sento tutta la responsabilità del mio ruolo e del mio compito di promuovere la diversità, e di rappresentare il mondo arabo nel modo in cui deve essere rappresentato, perché sento che il resto del mondo non sa esattamente come viviamo, e non conosce molto della nostra cultura e delle nostre tradizioni, noi ne abbiamo di straordinarie -mi racconta Ameni che dopo l’ultimo show della sei giorni mi parla con grande entusiasmo- Qui negli Emirati la diversità è estremamente importante, perché le donne arabe sono molto inclusive nella loro tipologia fisica. Non tutte noi donne arabe abbiamo la stessa corporatura”.
La bellezza nasce dall’anima
La bellezza è qualcosa che nasce dentro ognuno di noi, e più che rispecchiare determinate misure e standard ha a che fare con il fascino della personalità. “Sento molto la mia responsabilità perché le giovani generazioni mi considerano un punto di riferimento e un modello, anche nella fisicità -continua Ameni- Perciò è mio dovere mostrare come ogni corpo sia bello quando lo ami e quando pensi che sia possibile. Che tu sia una taglia zero o una quarantotto o cinquanta non importa, sei bella come sei. Bisogna avere fiducia in se stesse perché l’autostima crea la bellezza e non è il fisico che fa la bellezza. Dico sempre che se il tuo corpo, la tua mente e l’anima sono allineati sei irresistibile”. E Ameni in passerella è irrefrenabile, sicura, altera. Ti ho vista sfilare ed eri meravigliosa: “Grazie, mi sento super potente in passerella”. Tra l’altro hai indossato vestiti bellissimi e anche molto sexy. “Ogni stilista cambia la mia personalità. Anche se a volte sfilo con vestiti che non necessariamente indosserei nella mia vita privata, ho imparato a spingermi fuori dalla mia comfort zone, e sono convinta che solo così si cresca davvero. Si cresce quando si superano i propri limiti, altrimenti non si cresce. Ecco perché è fondamentale dare agli stilisti carta bianca, far decidere loro cosa io debba indossare” conclude Ameni.