All’Expo unità, solidarietà, giustizia

All’Expo 2020 di Dubai il Padiglione Italia scrive una pagina importante nel dibattito internazionale con l’Italian Solidarity Day. Giustizia sociale, economica e tra generazioni, cooperazione, parità di genere, volontariato, sono solo alcuni dei temi toccati nel corso del dibattito tra rappresentanti di istituzioni nazionali, organizzazioni internazionali, terzo settore.

“Spero che si arrivi un giorno a parlare meno di solidarietà e più di giustizia sociale e ambientale -dice Don Luigi Ciotti, Presidente di Libera – La solidarietà è importante e fondamentale, è fatta di relazioni e di accoglienza, di attenzione alle persone, ma purtroppo in tante parti del mondo è diventata una delega. Noi ce ne occuperemo sempre, sia ben chiaro, ma dobbiamo lottare perché ci sia giustizia”. Poi c’è la disuguaglianza “che è una misurazione matematica” e Don Ciotti preferisce che si parli di ingiustizie, “perché dietro ad ogni disuguaglianza vi sono delle ingiustizie e poi mi fa piacere sottolineare la meraviglia di migliaia di giovani in giro per il mondo che portano la lettura della vita di oggi in un momento di cambiamento epocale. I giovani chiedono la giusta attenzione e partecipazione”.

L’attenzione ai giovani è linfa vitale per una società che voglia guardare al proprio futuro, “Una società investe sui giovani e se non lo fa è una società che si suicida” dice Don Ciotti con tono appassionato. Lotta alla povertà, impatto degli investimenti sulle disuguaglianze, acuite ulteriormente dalla pandemia, con un occhio particolare a migranti e rifugiati. Scopriamo di più sul forum del Padiglione Italia. 

Unità nella diversità, rafforzata dalla solidarietà

Un appello all’unità nella diversità, rafforzata dalla solidarietà arriva anche da Maher Nasser, Commissario Generale delle Nazioni Unite per Expo 2020: “Abbiamo bisogno di giustizia. La società ha sviluppato un diverso modo di raggiungerla attraverso la giustizia sociale ed economica. Ciò che vediamo attualmente nel mondo è una sempre crescente disuguaglianza. Abbiamo qui affrontato quella dell’accesso ai vaccini anti Covid, ma c’è anche la disuguaglianza di reddito, di accesso ai servizi che permangono in molti Paesi”.

Uniti possiamo farcela ma è necessario tutelare i diritti di tutti, prosegue il Commissario Nasser: “Occorre avere un approccio che si basi sui diritti. Il diritto allo sviluppo, all’uguaglianza, che poi sono alla base dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Possiamo farcela solo se siamo uniti, se l’umanità persegue un obiettivo comune”. Il senso di giustizia che l’umanità ha innato impone che non vi siano differenze così marcate nell’accesso ai servizi medici e alle vaccinazioni che vedono alcuni Paesi nei quali si sta distribuendo la terza dose di richiamo e altri, più svantaggiati, in cui si fa persino fatica a somministrare la prima dose: “L’iniquità e la mancanza di disponibilità è qualcosa che dobbiamo combattere, perché come dice il nostro Segretario Generale è scandaloso vedere che le vaccinazioni siano abbondantemente presenti in alcuni Paesi, mentre non lo siano in altri”.

Omicron e il “travel apartheid”

La pandemia ha avuto un forte impatto sui governi e ha creato barriere e sacche di discriminazione ancor più marcate in aree del mondo che già patiscono arretratezza ed emarginazione. Per il Commissario Maher Nasser la variante Omicron ha creato una nuova forma di apartheid che lui definisce “travel apartheid”, legata ai collegamenti aerei che, di fatto, ha tagliato fuori intere zone dell’Africa, come se la variante individuata in Sud Africa si fosse davvero originata lì. Ciò che nuoce, ancor più dell’emergenza sanitaria ed economica provocate dal Covid-19 è la disinformazione che per Maher Nasser, Commissario Generale delle Nazioni Unite per Expo 2020, deve essere combattuta con assoluta fermezza, perché le fake news aiutano a protrarre gli effetti nefasti della pandemia: “Le disuguaglianze legate alle vaccinazioni, la mancanza di disponibilità dei vaccini nel mondo è ciò che sta alimentando questa pandemia, come pure la resistenza di alcuni a vaccinarsi sebbene il siero sia per loro disponibile. La diffidenza nei confronti della vaccinazione anti Covid è quello su cui ci stiamo concentrando, perché c’è molta disinformazione sia sui vaccini, sia sul Covid”. 

Aiutare in modo innovativo

A dover essere ripensato è anche il modello di cooperazione che richiede idee innovative perché gli interventi siano davvero efficaci e al passo con le reali necessità di chi ha bisogno. “Occorre orientarsi verso un approccio basato sui diritti perché vi sia più giustizia nel mondo -mi racconta Khaled Khalifa, Rappresentanza UNHCR presso il Gulf Cooperation Council– I rifugiati e gli sfollati, che lo sono perché forzati e non per scelta, oggi rappresentano l’1% dell’umanità e sono sproporzionatamente colpiti dalla pandemia, dai disastri, che in genere vanno ad aggiungersi alle sofferenze che già patiscono”. Il Covid-19 ha accentuato problemi preesistenti ponendo ancor più in evidenza le profonde iniquità, dall’accesso all’istruzione e all’università al divario digitale, tra bambini rifugiati e bambini dei Paesi sviluppati del mondo.

“La pandemia è solo una delle difficoltà che affliggono i rifugiati, ma vi sono anche problemi legati al quadro giuridico, libertà di movimento, accesso al mercato del lavoro -mi dice Khaled Khalifa– Ciò di cui abbiamo bisogno per andare avanti è essere innovativi perché gli approcci vecchi non funzionano più e i rifugiati vivono in situazioni precarie per moltissimi anni. Profughi afghani, iraniani, pachistani sono sfollati da oltre quarant’anni. L’approccio usuale non ha più alcuna efficacia, c’è bisogno di idee innovative, nuove iniziative, e una azione collettiva, occorre che tutte le persone a livello mondiale siano coinvolte in questo cambiamento sociale”. 

Adattare gli aiuti ai veri bisogni

La necessità di ripensare il modo in cui si interviene nel fronteggiare crisi umanitarie arriva anche dalla Croce Rossa Internazionale.

“Le prime linee si trovano ad affrontare situazioni talmente complesse che è necessario un modo differente di far arrivare gli aiuti -mi spiega Clare Dalton, Capo Missione negli Emirati dell’ICRC– Non ci può essere un solo intervento che possa funzionare, né una sola organizzazione che possa essere pronta a fornire aiuti”. Non si può procedere facendo come si è sempre fatto perché quel tipo di intervento non si dimostra più adeguato in un mondo in cui a piaghe endemiche si aggiungono i gravi effetti dei cambiamenti climatici e della pandemia. Ecco perché vitali si dimostrano ancora una volta unità e cooperazione. “Occorre unire le forze e creare una collaborazione tra diverse organizzazioni, per essere sicuri che qualunque risposta umanitaria venga disegnata sia davvero adatta ai bisogni reali delle persone -conclude Clare Dalton- Bisogna collaborare tra settori diversi, tra diverse organizzazioni, e ascoltare di più le richieste che ci arrivano dalle persone in termini di assistenza”.

Emirati-Italia, la cooperazione riparte dai giovani

Emirates Fondation è un ente benefico che opera nel terzo settore ed è allineata nei suoi obiettivi con il governo federale emiratino. “Ci consideriamo una piattaforma per mobilizzare i giovani e vari segmenti della comunità, da quello privato a quello governativo, ad essere attivi in una serie di iniziative di carattere umanitario -mi racconta Hussain Al Balooshi, Special Project Manager Emirates Fondation– Siamo in una fase in cui stiamo unendo i vari punti, consolidando le nostre capacità d’intervento. Siamo molto felici di annunciare dal Padiglione Italia la Conferenza Mondiale del Volontariato che si terrà il prossimo ottobre ad Abu Dhabi. Puntiamo a favorire la cooperazione tra diverse culture coinvolgendo 1.500 delegati internazionali e oltre 120 Paesi”. E dall’incontro con Don Luigi Ciotti nasce una forma di collaborazione che si basa proprio sui giovani quale elemento fondante. “La collaborazione con gli Emirati nasce sul piano dei giovani, dell’educazione, della cultura, chiedersi quali siano le risposte che coinvolgono i nostri ragazzi. È la cultura quella che da la sveglia alle coscienze, è l’educazione ad essere generatrice di vita -sottolinea Don Ciotti– Però ci vogliono progetti, percorsi veri in cui i giovani siano protagonisti”. Giovani emiratini e italiani dialogheranno, lavorando assieme da remoto, per poi incontrarsi ad ottobre, prima in Sicilia e successivamente ad Abu Dhabi. Una collaborazione internazionale che secondo Don Ciotti serve “per vedere cosa fare insieme per il pianeta perché la cooperazione deve essere molto pratica, concreta e che sappia mettere insieme pensieri e azioni”.

Don Ciotti, Dubai e l’Expo

L’entusiasmo per i prossimi sviluppi di collaborazione tra giovani degli Emirati e dell’Italia si riflette sulle impressioni che Don Luigi Ciotti si è fatto di Dubai. “È una città che ti sorprende perché il pensiero va a cos’era 50 anni fa. Il pensiero va a quando nel 1980 c’erano 130-140mila persone mentre adesso sono milioni. Ti sorprende vedere tutte le nazionalità che qui sono rappresentate ma anche l’accoglienza e tutte le forme di diversità. Allora diventa anche una lezione al di là di tutte altre considerazioni che si possono fare, su cosa vuol dire l’ospitalità, l’accoglienza, il rispetto per le varie religioni, il rispetto per le varie provenienze”.

Dubai e i suoi altissimi grattacieli creano stupore e affascinano come straordinari sono i passi in avanti compiuti grazie al desiderio di avvicinarsi progressivamente all’Occidente ed essere un punto di riferimento per la cooperazione internazionale.

“È una città che è tutta in verticale, che ti stupisce perché qui si sono esibiti i più grandi architetti del mondo. È una città che fa riflettere, una città che ha voluto fortemente, anche perché ha la possibilità di farlo, che l’Expo venisse qui, per far conoscere i suoi percorsi, la sua cultura, le sue tradizioni, ma anche il cammino che lentamente sta facendo -mi racconta Don Ciotti- Ricordo anni fa certi provvedimenti erano molto restrittivi e adesso parlando con donne emiratine, parlando con operatori impegnati nel sociale, si vedono i passi da gigante, lenti ma reali, che avvengono di cambiamento”. Una città piena di contraddizioni ma alla quale abbiamo il dovere di accostarci con apertura, andando oltre la superficie.

“Questo vuol dire che dobbiamo continuare a contaminarci reciprocamente. Dobbiamo toglierci molti pregiudizi che in molti abbiamo venendo in questa regione. Abbiamo il dovere di scendere in profondità, di non giudicare, di non semplificare, di riuscire a cogliere le cose positive che ci sono e di non dimenticarci che i dubbi sono più sani delle certezze di fronte a tante cose che non si riescono a capire. Credo che lentamente questa contaminazione che loro stessi cercano potrà anche aiutare per fare dei passi in avanti rispetto alle varie forme di diritti” conclude Don Ciotti. 

Un’iniziativa, l’Italian Solidarity Day, realizzata dal Padiglione Italia all’Expo di Dubai in collaborazione con Rai per il Sociale. 

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