Dubai, donne al top nell’alta cucina

Le donne si fanno strada nell’alta ristorazione di Dubai. Una delle realtà più interessanti è il locale di cucina italiana Chic Nonna guidato dalla chef Ilaria Zamperlin. Tradizione e innovazione sono i pilastri su cui si fonda il concept di questo ristorante che fa della ricercatezza il proprio tratto distintivo. Il progetto nasce dalla collaborazione tra lo chef lucano Vito Mollica, che per molti anni ha legato il suo nome a quello del gruppo Four Seasons, e Mine & Yours Group, azienda italiana specializzata nella realizzazione di idee ristorative d’avanguardia. Negli ultimi mesi Chic Nonna Dubai ha fatto incetta di premi, vincendo dal riconoscimento quale miglior ristorante italiano per TimeOut a quello di migliore nuovo ristorante per What’s On, fino al recentissimo cappello assegnato dalla guida Gault Millau quale riconoscimento per essere stati selezionati tra i cinque candidati al premio “Best Future Chef of the Year”.

Situato nel cuore pulsante della città, il distretto finanziario DIFC, a pochi passi da Downtown e dal Burj Khalifa, questo lussuoso locale ha una cantina fornitissima quanto scenografica distribuita su più piani, e un bar d’eccezione che si è aggiudicato il primo premio tra quelli all’interno di un ristorante. Completano l’offerta piatti classici della cucina italiana rivisitati con sensibilità moderna, e una lounge con vista mozzafiato sul Burj Khalifa nella quale trattenersi fino a tarda notte godendosi l’atmosfera creata da raffinata musica jazz e chill out. Inorgoglisce sapere che a firmare l’esperienza gastronomica di quello che in meno di un anno dalla sua apertura sta diventando uno dei più amati ristoranti dell’emirato sia una chef donna, italiana, di grande talento come Ilaria Zamperlin. Scopriamo di più sulla sua storia e sui segreti del suo successo.  Continua a leggere

Art Dubai, tra Global South e metaverso

In primo piano a Dubai l’arte proveniente da latitudini lontane dai circuiti mainstream, il Metaverso, il concetto del tempo e anche un po’ di Italia. Il Global South, quella porzione di mondo così poco rappresentata nelle altre fiere artistiche internazionali più legate a una visione occidentalocentrica, trovano spazio e sostanza ad Art Dubai. Alla sua 16esima edizione la fiera offre un punto di vista alternativo su quanto prodotto in regioni quali Medio Oriente, Africa, Sud-Est dell’Asia, ed è in grado di aprire uno squarcio su tutte quelle componenti variegate che contribuiscono ad animare il panorama multiculturale dell’emirato.

“Il concetto di Global South è emerso circa 10 anni fa -mi racconta Pablo del Val, Direttore Artistico di Art Dubai– Noi siamo stati tra i primi ad usarlo, quando tutti dicevano che non si poteva perché aveva questa connotazione legata al colonialismo e al post-colonialismo, ma poi tutti hanno iniziato ad adoperarlo. Credo che sia un modo per descrivere quelle geografie che non sono incluse nel dibattito occidentale, che non si trovano nei centri finanziari tradizionali, e non seguono le tradizioni giudaico-cristiane occidentali ma fanno invece riferimento ad altre culture”. Negli Emirati Arabi Uniti coabitano 200 nazionalità diverse, con una presenza maggioritaria di indiani, seguiti da pakistani, bengalesi, e altre provenienti da Asia, Europa e Africa. “Questo è il motivo per cui Art Dubai dialoga ed entra in relazione con queste comunità, perché non si può costruire un progetto che non sia in connessione con la realtà in cui viene sviluppato, in cui prende vita” prosegue il Direttore Artistico del Val. “Il mercato di Dubai è in un ottimo momento -gli fa eco Benedetta Ghione, Direttore Esecutivo di Art Dubai- Credo che il lavoro che abbiamo fatto da 17 anni a questa parte, di cercare di sostenere e far crescere l’ecosistema culturale della città e della regione, stia veramente cominciando a dare i suoi frutti, combinato ovviamente con il momento economico che la città sta vivendo. Per cui da una parte i nostri sforzi di creare una capitale per l’arte del Sud Globale, di portare contenuti che siano diversi, freschi, e dall’altra parte ottimi collezionisti, nuove istituzioni, nuove possibilità, per un mercato dell’arte che globalmente si sta ridefinendo”. Andiamo a scoprire insieme di più su Art Dubai.  Continua a leggere

COVID19, dalle fiere alla sanità

Il centro fieristico Dubai World Trade Centre diventa il più grande ospedale da campo del Medio Oriente, con 3.000 posti letto. Questa struttura porterà la capacità sanitaria totale dell’emirato dagli attuali 4.000 a 7.000 posti letto per pazienti affetti da COVID-19. Quando sarà a pieno regime vi lavoreranno centinaia di medici e infermieri. Ad inaugurarlo è stato il Principe ereditario di Dubai e Presidente del Consiglio Esecutivo di Dubai, lo Sceicco Hamdan Bin Mohammed Bin Rashid Al Maktoum.

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La creazione di questa gigantesca struttura temporanea permetterà a Dubai di fronteggiare eventuali emergenze sanitarie legate al diffondersi del coronavirus nel Paese. Una strategia che punta a prevenire qualsiasi possibile scenario, per non farsi cogliere impreparati nel caso di aumento esponenziale dei contagi.

Ad oggi i casi confermati di COVID-19 negli Emirati Arabi Uniti sono 7.265, 43 i decessi, 1 caso critico, 1.360 le persone guarite. La settimana appena conclusa ha registrato un incremento di 300-400 casi positivi al giorno, a fronte di 30.000 nuovi test eseguiti. Numeri in crescita, nonostante le rigide misure restrittive del movimento, ma che forse possono essere spiegate considerando i tempi di incubazione del virus e la recente entrata in vigore del severo coprifuoco. Secondo gli esperti si dovrebbe arrivare ad un punto di svolta in tre o quattro settimane, grazie alle misure restrittive e ai tamponi effettuati su larga scala per individuare i contagiati. Scopriamo di più su questo nosocomio pop-up di Dubai allestito per fronteggiare l’emergenza da coronavirus

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Dubai spopola su Instagram

Dubai è tra le cinque città del mondo più popolari su Instagram. Nella sola estate 2019 ha totalizzato 79 milioni di hashtag. Ad amarla sono soprattutto i millennial, i nati tra il 1980 e il 2000. Sono loro, i giovani della cosiddetta Generation Y, a considerare le esperienze elemento fondante del proprio stile di vita. Loro che si fanno influenzare notevolmente dal social network per la condivisione di foto e video più apprezzato dell’era contemporanea.

In vetta alla classifica come città più instagrammata del pianeta c’è Londra, con 118 milioni di hashtag, seguita da Parigi con 101 milioni. Terzo e quarto posto se li sono aggiudicati Nizza e New York, rispettivamente con 87 e 83 milioni di hashtag. A stilare la graduatoria ci ha pensato l’agenzia di viaggi online Wego che ha diffuso dati interessanti anche su come i millennial scelgano le mete dei propri viaggi. Per più del 41% dei giovani al di sotto dei 33 anni ciò che conta nella scelta del luogo dove trascorrere le proprie vacanze è il suo grado di instagrammabilità.

Che Dubai sia nella top five non stupisce affatto. L’emirato colpisce per i suoi innumerevoli edifici progettati da architetti di fama internazionale, per il lusso sfrenato dei suoi hotel, per la ricercatezza del cibo servito nei suoi ristoranti. Scopriamo insieme quale primato abbia conquistato Dubai e alcune delle città che occupano posizioni più basse rispetto alle prime cinque classificateContinua a leggere

Droni, Dubai aiuta Londra

SOS sicurezza in volo. Londra chiede aiuto a Dubai per risolvere il problema del controllo dei droni nei propri spazi aerei. Dopo il caos nei cieli londinesi, con gli aeroporti di Gatwick e Heathrow tenuti sotto scacco nel periodo natalizio dalla minaccia dei droni, la capitale inglese si rivolge all’emirato in cerca di soluzioni efficaci.

Ad oggi Dubai è la città con il know how più avanzato nella gestione e regolamentazione dei droni. Una capacità conquistata a caro prezzo, dopo aver sperimentato nel 2015 la chiusura del proprio aeroporto, il terzo al mondo per numero di passeggeri, per un allarme causato da un drone. Quella dell’emirato fu tra le più lunghe e devastanti paralisi del traffico aereo verificatesi su scala planetaria, costata attorno al milione di dollari al minuto (3,6 milioni di AED).

Una dura lezione che è servita a sviluppare un’expertise e a formulare una strategia vincente, ponendo argini all’uso indiscriminato dei velivoli radiocomandati attraverso regole severe e l’applicazione di pene detentive e multe salatissime ai trasgressori. Scopriamo cosa preveda la legislazione emiratina, quale scambio sia finora avvenuto tra Londra e Dubai e quanto pericolosi possano essere i droniContinua a leggere

Nudi scandalosi

Ancora oggi Egon Schiele, provoca scandalo, con i suoi nudi eroticissimi. A Londra, Amburgo e Colonia alcune sue opere sono state censurate e coperte perché giudicate scabrose e inadatte ad essere esposte in luoghi pubblici. I due dipinti, che raffigurano nudità palpitanti, guizzanti, corpi nodosi e contorti, pervasi di vitalità ed erotismo, fanno parte di una campagna con cui l’Ente del Turismo viennese ha voluto pubblicizzare in ambito europeo le celebrazioni del centenario della scomparsa di Egon Schiele, di cui ricorre l’anniversario proprio nel 2018. In questa occasione, a partire dal mese di febbraio, verranno organizzati mostre ed eventi. L’arte del maestro del primo espressionismo viennese ha sempre affascinato per la sua intensità e per quella sensualità cruda, potente, senza filtri che la caratterizzano. Eppure proprio nella Gran Bretagna e nella Germania di oggi, sull’opera di Schiele, uno degli artisti più rappresentativi del modernismo viennese e del 20esimo secolo, è calata implacabile la scure della censura. Sembra incredibile, ma Nudo maschile seduto (autoritratto) e Ragazza con calze arancioni, entrambi capolavori della collezione permanente del Leopold Museum, sono stati considerati troppo osé per essere esposti nella metropolitana londinese e per essere mostrati sui cartelloni pubblicitari delle strade di Amburgo e Colonia.

Wien Tourismus / Christian Lendl

Entrambi i nudi ritraggono in modo dettagliato e realistico i genitali maschili e femminili, esposti in primo piano, senza alcun pudore, senza tradire vergogna, anzi in maniera ostentata, quasi sfacciata. Immagini di una modernità sconvolgente. Forse troppo anche per la nostra società contemporanea. Quasi a dirci che nella Vienna d’inizio ‘900 vi fossero più libertà, più apertura mentale, più spregiudicatezza. All’ottusità di questi novelli “Braghettoni”, che hanno rifiutato di esporre persino versioni con i genitali pixelati, l’Ente del Turismo viennese ha risposto con indubbia prontezza e intelligenza, facendo appello all’autocensura. Un modo per trasformare un problema in un’opportunità e in una efficace trovata di marketing che alla fine si è rivelata vincente. Le nudità, infatti, sono state coperte con un riquadro bianco, su cui campeggia la scritta: “Ci dispiace, hanno 100 anni ma sono ancora troppo audaci al giorno d’oggi”. E per chi voglia ammirarli senza censure, così come Egon Schiele li ha concepiti, non resta che recarsi nella capitale austriaca. Vediamo insieme tutti i manifesti censurati e scopriamo la provocatoria ed efficacissima strategia usata dall’Ente del Turismo di Vienna, che tanta eco ha avuto sui social media e sulla stampa internazionale.  Continua a leggere