Libano, studenti in piazza

In Libano gli studenti scendono in piazza. La rivolta contro l’intera classe politica giunge così alla terza settimana. Sono centinaia, universitari e ragazzi di liceo. Affollano le strade, con le loro grida e i loro cori. Chiedono a gran voce un futuro migliore e maggiori opportunità. È la volta dei giovani libanesi che non vogliono arrendersi a corruzione e nepotismo, che non intendono più assistere impotenti di fronte a sperperi di denaro pubblico sottratto alla comunità per l’arricchimento personale di pochi.

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Manifestano pacificamente, scandendo con fermezza i loro slogan: “Vai popolo mio e calpesta, calpesta con i tuoi piedi e schiaccia il governo e il parlamento”. Vogliono bloccare le istituzioni, dai ministeri al potere giudiziario, dai servizi pubblici alle società di telecomunicazioni, percepiti come inefficienti e prezzolati. Ma i blocchi messi in atto dai dimostranti non sono rivolti ai cittadini, bensì ai politici dei quali si vuole l’uscita di scena senza alcuna distinzione tra partiti di governo e opposizioni. E proprio le opposizioni vengono accusate di strumentalizzare i moti popolari a proprio vantaggio, con l’obiettivo di guadagnare maggior peso in parlamento. Gli studenti hanno invaso copiosi non solo la capitale Beirut, ma anche molte città libanesi, da Akkar e Tripoli, nel nord del Paese, alle città costiere di Jounieh e Jbeil, da villaggi montani come Sofar, a Bekaa nella parte meridionale, comprese Nabatieh e Sidone. Scopriamo altri particolari sulla protesta degli studenti libanesi e gli elementi che hanno scatenato la rivolta

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Una protesta che riaccende la speranza

Sono tantissimi i ragazzi che affollano strade e piazze in tutto il Libano. Un tripudio di bandiere ed entusiasmo. Molti di loro sentono che questo movimento di protesta ha riacceso in loro la speranza. Uno degli studenti racconta: “La rivoluzione mi ha dato nuova forza e la speranza di un futuro possibile nel mio Paese”. Come lui molti giovani non hanno scelta e sono costretti a cercare opportunità all’estero. Altri ragazzi mostrano cartelli provocatori nei confronti della classe politica contro cui manifestano: “Stiamo perdendo le nostre lezioni per darne una a voi”. Ed altri aggiungono con grande amarezza: “Perché mai dovrei andare a seguire i miei corsi se tanto qui non c’è un futuro per me?”. Sono tutti uniti nella protesta, tutti animati da un senso di ribellione nei confronti di quei leader che hanno condotto il Libano sull’orlo del baratro.

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Tra i manifestanti si vedono anche alcuni soldati. Tutto si svolge in modo pacifico. Sembra una mobilitazione generale di un Paese che cerca in tutti i modi di rinascere.

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Blocchi a tappeto

Oltre a scuole e università sono state bloccate la Banca Centrale e la sede della Società pubblica che gestisce l’elettricità. Tenute sotto scacco anche le società di telecomunicazione pubbliche Alfa e MTC Touch, mentre tra gli obiettivi di blocchi e picchetti c’erano anche istituti di credito privati riconducibili ad alcuni politici. A Bekaa gli studenti, zaino in spalla, hanno formato una catena umana ostruendo l’entrata della BBAC Bank.

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Tante le forme di disobbedienza civile poste in atto dai manifestanti. “Non vogliamo chiudere ai cittadini l’accesso a servizi pubblici e istituzioni, vogliamo farlo solo ai politici” spiega uno dei giovani che anima la protesta. Qualche piccolo disordine si è registrato all’esterno della seda del Ministero dell’Istruzione. A Koura alcuni dimostranti che impedivano la viabilità di arterie stradali sono stati arrestati.

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All’origine della rivolta

Il Libano versa in condizioni economiche disastrose, con un debito pubblico pari al 152% del PIL, il terzo più alto del mondo dopo Giappone e Grecia. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 37% tra i giovani, mentre la media generale è del 25%. Circa un terzo della popolazione libanese vive al di sotto della soglia di povertà, secondo i dati della Banca Mondiale. Di recente il valore della sterlina libanese è precipitato sul mercato nero, è cresciuta la paura di una carenza di prodotti, con il conseguente rincaro dei prezzi. È cresciuto il malcontento per la mancanza di servizi adeguati, dall’elettricità garantita a singhiozzi, all’acqua potabile, dall’assenza di una sanità pubblica alla connessione internet di pessima qualità. Dopo la serie di incendi dolosi che hanno divorato ettari di boschi, l’imposizione di nuove tasse su tabacco, benzina e chiamate in voce con app di messaggistica come WhatsApp, hanno scatenato la rabbia di una popolazione allo stremo.

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