Il design della post-verità

Fake news, post-verità, alternative facts, teorie cospirazioniste, realtà virtuale, desiderio di disconnettersi e restare off-line. Tra riflessioni e provocazioni la Vienna Design Week, giunta alla sua undicesima edizione, si è appena conclusa. Incontri, workshop, mostre, tavole rotonde, per fare il punto sullo stato dell’arte del design in Austria, nell’Est Europa e nel mondo. Quest’anno focus sul 15esimo distretto, Rudolfsheim-Fünfhaus, un quartiere multiculturale, con netta prevalenza di turchi e albanesi, che si estende attorno alla Westbahnhof, uno degli snodi ferroviari più importanti della città. Qui si fondono insieme elementi diversi, costruzioni modernissime ed edifici più antichi, abbondano ristoranti etnici, da quelli turchi a quelli balcanici, coesistono alto e basso. Un luogo per molto tempo associato all’idea di periferia degradata, a distretto della prostituzione, a quartiere dormitorio per immigrati. Averlo scelto come quartier generale della Vienna Design Week ha contribuito a cambiare la prospettiva con cui si guarda a Rudolfsheim-Fünfhaus.

Sempre attive e proficue le partnership con importanti istituzioni come il MAK (Museo di Arti Applicate), Hofmobiliendepot-Möbel Museum Wien, Kunsthalle Wien, solo per citarne alcune. Proseguono i sodalizi con grandi marchi come Swarovski, Laufen e Rado; con negozi storici quali J. & L. Lobmeyr; con quattro degli hotel più di tendenza della capitale austriaca (25hours Hotel, Grand Ferdinand, Ruby Marie Hotel & Bar, Hotel Altstadt Vienna). Tra i partner anche il concept HG5, a Palais Wilczek, un punto vendita esclusivo dove trovare il meglio dei prodotti di utility design, ma anche un luogo che ospita mostre temporanee di giovani designer e artisti.

Come nel caso di Lucretia Schmidt, che ha proposto “Schiele goes 3-D”, trasposizioni scultoree tridimensionali di dipinti di Egon Schiele, in edizione limitata. Ho visitato alcune delle mostre più originali e ho scambiato idee con le menti più creative del design viennese. Scopriamo insieme installazioni provocatorie, incentrate sulla distruzione del proprio smartphone, e opere grafiche originalissime, pervase da un raffinato humor

Essere off-line, un’aspirazione reale?

Sareste disposti a distruggere il vostro smartphone per riuscire ad essere finalmente disconnessi? Insomma, per soddisfare la voglia di rallentare i contatti con un mondo che ci obbliga ad essere sempre online, accettereste di schiacciare il vostro amato smartphone, gustandovi il rumore che fa mentre si rompe irreparabilmente? “Sit down and feel the crack”, questo è il titolo dell’installazione creata da Patrick Rampelotto, designer italiano, che ha fondato due anni fa con Klemens Schillinger, chmara’rosinke e breadedEscalope lo showroom Spazio Pulpo.

Per la Vienna Design Week sono state realizzate alcune opere e installazioni ispirate all’essere off-line, all’essere disconnessi, al chiamarsi fuori dal flusso continuo di informazioni che ci bombarda quotidianamente. Una serie di provocazioni e trovate per riflettere sul significato e sulle implicazioni del nostro ipotetico affrancarci dalle nuove tecnologie che, ormai, dominano in modo dispotico la nostra esistenza. Mi illustra le opere Martin Schnabl che, tra l’altro, si presta anche a simpatiche dimostrazioni.

Siediti e assapora il rumore

“Sit down and feel the crack” si compone di un tavolo e di uno sgabello. Martin declama con voce stentorea le istruzioni, scritte con precisione meticolosa da Patrick Rapelotto. Si deve posizionare lo smartphone o il computer sotto una gamba dello sgabello e poi è previsto che ci si sieda sopra, senza alcun rimorso, gustando il rumore che produce il nostro dispositivo mentre viene distrutto dal nostro stesso peso. Una performance davvero indimenticabile! Più liberati e disconnessi di così…

Ci sono anche telefonini trasformati in giochi anti-stress, o lampade che si accendono inserendo il cellulare nel cassetto posto alla base, cassetto che lo rende inaccessibile e che al tempo stesso ci protegge dalle onde elettromagnetiche.

Una lampada che ci permette di leggere la sera, senza essere disturbati da messaggi, o telefonate. C’è anche una strana cassettiera con piccoli cassettini contieni post-it, ispirata alle teorie del sociologo Niklas Luhmann.

E ancora un paravento realizzato con i filamenti di rame di cui sono composte le antenne frattali di uno smartphone.

Una zona franca dove rifugiarsi dai campi elettromagnetici. Infine un originalissimo copricapo per proteggerci dalle radiazioni.

Una sorta di strano rifugio antiatomico portatile che ricorda tanto i buffi cappellini fatti di carta stagnola del film di science fiction Signs, con Mel Gibson e Joaquin Phoenix.

Cos’è reale e cosa non lo è?

Francesco Ciccolella è un giovane designer austriaco. Nato a Salisburgo nel 1990, vive e lavora a Vienna, collaborando tra l’altro con testate internazionali prestigiose come The Guardian, The New York Times, Die Zeit, Die Welt, Der Spiegel. Le sue opere hanno il tratto semplice ed essenziale di certi cartoon, come quelli creati da Osvaldo Cavandoli, ma a tratti il carattere dei suoi segni sembra quasi ricordare la forza espressiva dei disegni e delle opere grafiche di Matisse. Per la Vienna Design Week ha ideato la mostra “Alternate Realities”, per scandagliare con il suo sottile senso dell’umorismo e con le sue linee raffinate l’era della post-verità.

“L’idea sottesa alle opere di questa mostra è quella della post-verità e i suoi vari aspetti, dalle fake news, alle teorie cospirazioniste” mi racconta Francesco Ciccolella. Mentre mi parla c’è accanto a lui un suo lavoro che è una citazione da “The Son of Man” di Magritte. Francesco Ciccolella, però, ritrae l’uomo da una diversa angolazione. Un cambio di prospettiva che trasforma l’immagine, aggiungendo strati e significati.

L’uomo con il volto coperto da una mela stavolta lo vediamo di profilo e ha un lunghissimo naso da pinocchio. In alcuni lavori le immagini hanno un rapporto strettissimo con il titolo, mentre in altri agiscono a un livello più astratto. L’ironia, però, non manca mai, come in “Alternative Rothko”.

Fake news e cospirazioni

“La nostra comune realtà sta svanendo. Conduciamo la nostra esistenza in un tempo nel quale si fa sempre più fatica a distinguere il vero dal falso, tra verità e bugie” mi dice Ciccolella. Le sue opere diventano così metafore visuali di ciò che accade nel nostro mondo contemporaneo. “Viviamo in un’era nella quale non c’è alcuna certezza che la realtà venga percepita da tutti allo stesso modo -continua Francesco Ciccolella– In un momento storico in cui qualcuno dice cose non vere e nonostante ciò diventa Presidente degli Stati Uniti, tutto può succedere”.

Nelle opere di Ciccolella non è solo interessante l’uso del colore, ma anche l’idea giocosa di comunicare e far riflettere attraverso il sorriso. L’efficacia del suo senso dell’umorismo è straordinaria. “Lo humor è un modo potente per comunicare concetti e argomenti con cui si fa fatica a rapportarsi, o che ci fanno paura, o che sono strani, ostici”.

Alternate Realities

Il tema portante della mostra è rappresentato proprio da una persona che ridisegna la realtà nella quale si muove e vive.

Questa serie di lavori è ispirata a “La Linea”, la serie animata ideata dal cartoonist italiano Osvaldo Cavandoli, ma sono anche opere concepite “nel solco di Saul Steinberg e Milton Glaser, che hanno usato il disegno come mezzo per ragionare su carta -mi spiega Ciccolella- Disegnare offre estrema libertà, non sono costretto ad essere legato alla realtà, posso reinventare il mondo”.

Anche quando lavora per gruppi editoriali internazionali Francesco Ciccolella inventa immagini che diventano, per forza ed efficacia, simboli visivi. “Quando lavoro con grandi testate americane, o inglesi, cerco sempre di veicolare e sintetizzare in una singola immagine un insieme di messaggi, trasformando i vari punti di un articolo in una metafora visiva”.

Francesco Ciccolella predilige il suo “Conspiracy Theories”, una metafora molto astratta, come lui ama dire, che mostra Don Chisciotte mentre combatte contro i mulini a vento.

“Mi piace anche far riflettere il pubblico attraverso le immagini che disegno” puntualizza Ciccolella, che è anche molto legato ad “Alternate Realities N. 1”, ovvero l’uomo che disegna un cerchio e ci entra dentro. Sembra invitarci a pensare se la realtà in cui viviamo sia davvero tale.

 

Una risposta a “Il design della post-verità

  1. Bell’articolo…un bravo e complimenti a F.C. per la creativita`, sopratutto contento da padre per lui per la tantissima passione dedicata da sempre in cio` che crede..

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