Rifugiati identificati via smartphone

Negli smartphone spesso sono racchiuse un’infinità di informazioni preziose e dati sensibili. L’Austria si appresta ad usare i telefonini per identificare i rifugiati sprovvisti di documenti. È l’ultima iniziativa del Ministro dell’Interno Wolfgang Sobotka (ÖVP), per snellire le farraginose procedure di identificazione delle migliaia di migranti che fanno richiesta di asilo in Austria. Foto di casa, esperienze personali, contatti, scambi di notizie con la famiglia, messaggi con le persone amate. A volte gli smartphone contengono la vita di un individuo. Nelle intenzioni del Ministro Sobotka c’è l’idea di raccogliere attraverso i cellulari le ragioni del viaggio verso l’Europa e le informazioni sui Paesi di origine. Molti dei rifugiti sono privi di documenti d’identità e scoprire chi siano implica un’enorme dispendio di tempo, risorse e denaro. Le percentuali dei migranti sprovvisti di passaporti è altissima soprattutto tra gli afghani. Su 20.000 procedimenti pendenti, infatti, solo il 20% è stato identificato, come conferma il BFA, Bundesamts für Fremdenwesen und Asyl (Ufficio Federale degli Affari Esteri e dell’Asilo). Chi viene dall’Afghanistan quasi sempre è sprovvisto di documenti per nascondere le proprie origini e ottenere così lo status di rifugiato. Ma tutto questo sta diventando insostenibile per l’Austria. Al contrario, coloro che arrivano da Paesi dilaniati dalla guerra, come ad esempio dalla Siria, hanno sempre passaporti e documenti con sé.

Un provvedimento analogo è stato già adottato in Germania e Sobotka intende proprio ispirarsi al metodo tedesco. Finora era richiesto il consenso del proprietario dello smartphone. Nel caso di persone sospettate di crimini adesso la polizia può crackare i cellulari, ma quei dati non possono essere utilizzati per le domande d’asilo. L’iniziativa tedesca viene vista dal Ministro Sobotka come una buona base sulla quale elaborare una procedura analoga anche in Austria, bozza alla quale il Ministero sta già lavorando. Comunque l’Austria ha già da tempo avviato una politica restrittiva nei confronti dei rifugiati. Un pacchetto di legge sui richiedenti asilo è stato infatti approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri

Cosa prevedono le nuove norme?

Le pene per chi contravvenga la legge fornendo informazioni false, o per chi commetta reati verranno inasprite. Per i migranti che forniscono informazioni false alla polizia sono previste sanzioni dai 1.000 ai 5.000 euro, o in sostituzione fino a tre settimane di detenzione.

Wolfgang Sobotka – BMI by J.Makowecz

L’obiettivo è far rispettare la legge, come hanno ribadito sia il Ministro dell’Interno Sobotka (ÖVP), sia il Ministro della Difesa Doskozil (SPÖ). I nuovi provvedimenti puntano a non fornire più cure di base a coloro che commettano reati, o diano informazioni non veritiere nelle pratiche di richiesta di asilo, o a coloro che non abbiano i requisiti per presentare domanda di asilo in Austria. Ciò significa che non sarà più erogata l’assicurazione di base (circa 200 euro) a quei migranti non in regola e a coloro su cui penda un decreto di espulsione.

Il governo non intende più utilizzare le tasse dei cittadini austriaci per sovvenzionare chi non ne abbia diritto. Almeno 3.500 persone saranno direttamente coinvolte dagli effetti di questa nuova legge. Però, poco meno della metà sono donne in gravidanza e minori, che quindi resteranno esclusi dalle nuove misure.

Velocizzare le espulsioni

L’Austria vanta il maggior numero di rimpatri forzati. Dei 10.677 migranti rispediti indietro ai propri Paesi d’origine nel 2016, poco meno della metà sono state deportazioni, ovvero partenze forzate. Un terzo dei rimpatri del mese di gennaio 2017, ovvero 409 su 677, sono stati obbligatori.

Il governo federale punta anche a snellire le procedure di espulsione per i richiedenti asilo che non abbiano i giusti requisiti, le deportazioni per quei rifugiati che si macchino di reati, i rimpatri velocizzati per chi scelga di fare rientro nei Paesi d’origine.

Multe da 5.000 a 15.000 euro, o fino a sei settimane di detenzione, per chi ritarderà il rimpatrio. Ci sarà la creazione di centri nei quali concentrare i migranti in via di espulsione. Inoltre sono previsti 500 euro di incentivo per quei rifugiati che decidano di tornare in patria su base volontaria.

La rotta balcanica è tutt’altro che sigillata

Il Ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil (SPÖ) ha dichiarato che a distanza di un anno dalla sua chiusura, ancora molti migranti riescono a penetrare nel cuore dell’Europa attraverso la cosiddetta rotta balcanica. “Se si paragonano i numeri rispetto al 2015, ovviamente si può considerare un successo -ha detto Doskozil- Ma il 2015 è stato un anno assolutamente eccezionale. Se si fanno raffronti con gli anni precedenti allora la situazione cambia”. Lamenta numeri troppo alti il Ministro della Difesa. Dal 2007 al 2013, infatti, si sono avute in Austria 14.400 domande di asilo. Malgrado la rotta balcanica fosse chiusa, nel 2016 sono arrivati in Austria più di 42.000 rifugiati e sono state presentate più di 36.000 richieste di asilo.

Il secondo muro ungherese

Mentre l’Ue stenta a trovare una risposta condivisa sull’emergenza migranti, l’Ungheria sta erigendo una seconda barriera lungo il confine con la Serbia. Una nuova recinzione che corre parallela a quella già costruita, per una lunghezza di 175 km. Questo muro sarà dotato di videocamere, di equipaggiamento tecnico che identifichi eventuali fonti di calore, sistemi di allarme e sorveglianza. I lavori dovrebbero essere ultimati per l’inizio di maggio. Per realizzare questa nuova barriera, per ampliare aree di accoglienza per richiedenti asilo e centri per migranti in transito sono stati stanziati 123 milioni di euro.

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