Un inedito finale di partita a Vienna

L’opera più significativa di Samuel Beckett, Finale di partita, rivive in modo inedito in una mostra che è un’anteprima della rappresentazione teatrale che seguirà alla fine di aprile. Le sculture esposte saranno parte integrante dello spettacolo teatrale che avrà luogo il 29 e il 30 aprile.

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L’autrice è la regista, attrice e performer Monica Giovinazzi, che da anni anima il panorama teatrale viennese. Monica utilizza materiali poveri, filo di ferro, garza, vestiti usati. Le sue sculture sono quasi oggetti trovati designati ad arte, che ricordano il concetto di ready-made di duchampiana memoria. Nei lavori di Monica Giovinazzi sembrano convivere la forza dell’anti-arte dadaista e l’espressionismo astratto. Il risultato di questi allestimenti scultorei per la sua rappresentazione di Finale di partita, è un happening che vive e si trasforma con la presenza attiva del pubblico. 

“È una mostra molto informale su Beckett che raccoglie le suggestioni di anni di lavoro e di messa in scena di testi del drammaturgo irlandese” mi spiega Monica Giovinazzi, che porterà in scena ad aprile Endgame, Finale di partita, in italiano qui a Vienna e poi in settembre anche a Londra. “Ho scelto di mettere in scena due dei personaggi come marionette, e qui sono esposti alcuni dei prototipi che ho elaborato” racconta Monica.

Tutte le sue opere sono fatte sempre con gli stessi materiali: “Fil di ferro, stampelle di metallo, mi ispiro a Tadeusz Kantor, naturalmente qui per Beckett c’è il bianco e il nero, trattandosi di un finale di partita di scacchi -dice Monica- e sul tavolo ci sono varie scenografie che ho adottato nel corso degli anni e che via via verranno modificate, perché quando faccio delle mostre mi piace che ci sia una parte interattiva”.

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I modellini delle scenografie possono essere modificati, trasformati dall’intervento del pubblico, che può anche stravolgerne completamente l’impianto originario. Sono lì per essere vissute e per consentire al pubblico di agire, lasciando un segno. Sono oggetti che diventeranno elementi portanti di un inedito gioco delle parti. E nel gioco c’è spazio anche per la distruzione. Niente deve rimanere perché il motto di Monica è riciclare tutto, sempre.

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Infatti le sue scenografie riprendono ogni volta nuova vita, dando forme diverse ai materiali che di fatto sono un po’ sempre gli stessi. Nel gioco delle parti ogni nuova scenografia riplasmata sarà fermata in uno scatto fotografico, perché ne possa in qualche modo restare traccia. Ma sono tracce labili, fugaci, perché presto arriverà un nuovo intervento che distruggerà un’altra volta tutto.

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“Questo è il giardino di Clov, completamente deserto, il giardino nel quale lui raccoglie dei detriti, perché per me i personaggi di Beckett continuano ad essere dei guardiani di eternità, che però sono sempre più spoglie” sottolinea Monica. La rappresentazione teatrale avverrà a fine aprile nello stesso spazio espositivo della mostra, Rotehaare, un circolo culturale nel vivacissimo settimo distretto di Vienna. Non reciterà in un vero teatro, perché Monica ama esibirsi in spazi non convenzionali, nei quali è possibile stabilire un maggior contatto con il pubblico, che certamente sarà coinvolto, perché la sua strada artistica è quella della performance. In scena con lei anche un’altra attrice, Maria Toffano, anch’essa italiana, ma trasferitasi da molti anni a Vienna.

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La scultura-prototipo alla quale Monica è più affezionata è quella che ritrae Clov, il servo incapace di sedersi, l’ultimo pedone. “Il mio preferito è questo Clov, che somiglia anche un po’ a Beckett, per questo suo essere scavato -dice Monica un po’ emozionata- Mi piaceva usare la garza perché è un richiamo ad una sorta di pre-mummificazione, però c’è ironia, come nei testi di Beckett che sono sempre ironici, divertenti, pieni di ritmo, seri, enormemente seri, ma non tristi”.

E la leggerezza che Monica percepisce essere la caratteristica fondante delle opere beckettiane, è anche la parola d’ordine del suo lavoro. Questa lievità, questa leggerezza fa il paio con mobilità, infatti alcune delle sculture possono essere spostate. E Monica me ne dà immediatamente una dimostrazione.

Rimangono pochi pezzi sulla scacchiera in questo finale di partita. A Vienna non c’è il mare, infatti fuori dall’abitazione di Hamm e Clov anche per il drammaturgo irlandese non c’era rimasto nulla, né mare, né sole, né nuvole. Prendono linfa l’uno dall’altro i due protagonisti, che traggono ragione di vita dal loro discutere e litigare. Capiranno che sulla scacchiera ci sono ormai pochissimi pezzi e che la partita volge al termine?

 

6 risposte a “Un inedito finale di partita a Vienna

  1. Mobilità, volume, rigore e duttilità in un teatro che si fa attraverso la partecipazione drammatica di pubblico e per forme. Unico.

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